Separazione delle carriere dei magistrati

Il decalogo del Sì
Dieci buone ragioni per dire SÌ alla separazione delle carriere e per una giustizia più giusta, terza e credibile
- Un giudice terzo è la prima garanzia di libertà
Perché senza un giudice terzo non ci può essere il necessario riequilibrio del potere del Pubblico Ministero.
Il giudice deve essere libero da ogni vincolo e da ogni influenza, distinto da chi esercita l’accusa. È un principio costituzionale e una condizione essenziale di libertà per tutti. La separazione delle carriere rafforza la figura del giudice e restituisce fiducia, equilibrio e credibilità alla giustizia.
- Ruoli diversi, stesse garanzie
Due carriere diverse, una sola giustizia al servizio delle persone.
Oggi giudici e pubblici ministeri appartengono alla stessa organizzazione, si valutano tra loro, condividono carriera e organo di governo. La riforma li distingue, rendendoli autonomi e complementari, e riportando chiarezza nel sistema. È così che la giustizia si declina in uno Stato di diritto democratico e liberale.
- Per un processo davvero equo, ad armi pari
Solo la parità delle parti garantisce i diritti di tutti.
Nel giusto processo accusa e difesa devono confrontarsi in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale. Solo così la verità nasce dal confronto e non dall’autorità. Separare le carriere significa dare piena attuazione ai principi costituzionali del processo accusatorio e restituire ai cittadini la certezza di un giudizio fondato solo sulle prove e garantito da un giudice distante allo stesso modo da chi accusa e da chi difende.
- Come in tutte le democrazie liberali
L’Europa separa i ruoli, l’Italia deve colmare il ritardo.
In tutte le democrazie consolidate in Europa e nel mondo giudici e pubblici ministeri dipendono da organizzazioni distinte. L’Italia, che rappresenta oggi un’anomalia assoluta, deve finalmente allinearsi ai modelli liberali ed evoluti, non per imitazione, ma per coerenza con la propria Costituzione e con il principio di separazione dei poteri.
- Una giustizia che fa paura non è giusta
Chi crede nello Stato deve poter credere anche nella sua giustizia.
Quando i ruoli si confondono, la fiducia si incrina. Una giustizia che intimorisce o si chiude in se stessa smette di essere credibile. Separare le carriere significa renderla più trasparente, più vicina a chi chiede tutela e protezione. Perché la fiducia è la prima forma di giustizia, e la giustizia credibile è la base della democrazia.
- Separare per difendere autonomia e indipendenza del giudice
L’autonomia si protegge distinguendo i ruoli, non confondendoli.
Separare assicura l’autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero e aiuta a difendere l’indipendenza della magistratura da ogni condizionamento politico, ideologico o corporativo, rafforzando la sua funzione di garanzia. Una magistratura libera è una giustizia più forte: al servizio della verità e dei diritti, non del potere.
- Sorteggio dei componenti del CSM: più trasparenza e meno correntismo
La giustizia deve rispondere ai cittadini, non ai gruppi di potere.
Con il sorteggio dei componenti dei due CSM verranno superate le logiche del correntismo che condizionano nomine e carriere, facendo prevalere l’appartenenza sul merito e sulle competenze. Il CSM tornerà così organo di garanzia, come previsto dalla Costituzione, e non strumento di potere interno, capace di condizionare gli stessi magistrati che dovrebbe tutelare.
- Il Presidente della Repubblica, garante dell’equilibrio e dell’unità della giustizia
Il Capo dello Stato resta il custode della Costituzione e della libertà dei cittadini.
La riforma valorizza il suo ruolo di garanzia: il Presidente continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori, assicurando coerenza e indipendenza per la magistratura. È il segno più alto di un equilibrio istituzionale che unisce, non divide: una giustizia ordinata e fedele ai principi della Repubblica e di uno Stato liberale.
- Un’Alta Corte per una giustizia che risponde a tutti
La giustizia deve essere trasparente nei confronti dei cittadini, non rendere conto solo a se stessa.
Chi amministra la giustizia deve rispettarne le regole come ogni cittadino. L’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, autonoma e indipendente dai Consigli Superiori, i cui componenti saranno selezionati per sorteggio e in parte nominati dal Presidente della Repubblica, garantirà finalmente che le responsabilità dei magistrati siano valutate con terzietà e trasparenza. La credibilità nasce anche dalla responsabilità: nessuno è al di sopra della legge, tantomeno chi la applica.
- Una battaglia di libertà, non di potere
È la riforma di chi crede nella Costituzione e nella giustizia come servizio ai cittadini.
È la storica battaglia trentennale dell’Unione delle Camere Penali Italiane: non contro qualcuno, ma per tutti. Perché separare le carriere non è uno slogan, ma un atto di civiltà. Dire SÌ significa, restituire credibilità e autorevolezza alla magistratura, avere un processo più giusto e una giustizia più trasparente nell’interesse di tutti i cittadini.