12.09.2025

L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL’ASSOLUZIONE

Il caso: imputazione per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate del marito nei confronti della moglie.
La sentenza di un Tribunale collegiale formato da un uomo e due donne: assoluzione dal reato di maltrattamenti e condanna per il reato di lesioni.
La notizia: l’imputato è stato assolto, non andrà in carcere, il giudice ha sbagliato, le donne non sono tutelate.

Manifestiamo tutta la nostra preoccupazione di fronte alla campagna, mediatica e politica, montata in queste ore in ordine alla sentenza del Tribunale di Torino, campagna che, fondandosi su conoscenze imprecise ovvero volutamente distorte, attenta all’indipendenza del giudice.
La formulazione di un’accusa non è e non può essere sinonimo di condanna. Il processo serve esattamente a verificarne la fondatezza e chi lo governa, il giudice, deve avere la libertà di decidere, indipendentemente dalla pericolosa volontà social o popolare ovvero del politico di turno che, per qualche voto in più, mira a cavalcare desideri di punizione sommaria.

Siamo alla deriva dell’informazione giudiziaria: diventa un caso l’assoluzione di un imputato (peraltro parziale, essendo stato l’uomo condannato a un anno e sei mesi di reclusione) a seguito di un regolare processo; l’assoluzione è presentata come un esempio di malagiustizia.

Non solo, ma non si esita a presentare la sentenza come frutto del lavoro di un solo giudice uomo, laddove la stessa è stata pronunciata da un tribunale collegiale. E ancora: il giudice viene citato più volte con nome e cognome, con un’inopportuna personalizzazione, diretta probabilmente a mettere in guardia tutti gli altri giudici dall’assumere analoghe decisioni liberatorie.
È inammissibile enfatizzare o omettere parti di una sentenza per favorire una narrazione specifica, finalizzata a creare un distorto clamore.

Sorprende, poi, che a rafforzare tale campagna si associno anche colleghi e colleghe che, per formazione e deontologia, dovrebbero esprimere la propria opinione soltanto a seguito di puntuale conoscenza degli atti di causa.
Parimenti gravi sono gli interventi superficiali di coloro che, solo sulla base di una notizia così confezionata, rilasciano pubblici commenti al solo fine di aizzare il popolo social contro giudici e imputati, ignorando il reale contenuto di una sentenza.

Senza un giudice libero non ci può essere Giustizia, senza un giudice indipendente non ci può essere Giustizia.
Chiunque miri a violare la libertà e l’indipendenza di giudizio di chi è chiamato a decidere della vita di una donna o di un uomo sta attaccando le fondamenta dello Stato di diritto.
Vogliamo, pertanto, invitare tutti, organi di stampa, forze politiche, Governo e opinione pubblica, a rispettare l’indipendenza e la libertà del Giudice, valori inalienabili a garanzia dei diritti dei cittadini, imputati e non solo.

Torino, 12 settembre 2025

Il Consiglio Direttivo