16.12.2023

Comunicato del Consiglio Direttivo del 16 Dicembre 2023

Il Consiglio Direttivo della Camera Penale di Torino apprende con sollievo l’annuncio di Massimo Gramellini che, nel suo spazio quotidiano del 15 dicembre su “Il Corriere della Sera”, a commento di quanto accaduto nel corso di una udienza per una nota vicenda di violenza sessuale, ha annunciato che non sarebbe mai stato capace di fare l’avvocato. 

 

Affermare, infatti, come si legge nel pezzo intitolato “Perché non ha urlato?”, che il difensore di uno degli imputati avrebbe fatto alcune domande alla persona offesa pensando che per vincere una causa tutto sia lecito, come se le domande poste fossero “grossolane stonature” figlie del “cinismo” degli avvocati, significa non aver ben chiaro a che cosa serva un processo, quali siano le sue regole e quale sia l’essenza del diritto di difesa, pilastro inamovibile di ogni Stato liberale.

 

E, dunque, sarebbe in effetti impossibile per l’opinionista del caffè difendere un uomo accusato di un reato.

 

Dimentica volutamente, il giornalista, che tra i corollari del processo vi è quello per cui spetta al giudice decidere se le domande poste dal difensore siano pertinenti ed ammissibili. Senza entrare nel merito di un processo che, ricordiamo, si svolge a porte chiuse proprio per tutelare tutte le parti coinvolte, è inevitabile che certi argomenti costituiscano oggetto di approfondimento istruttorio allorché il processo abbia ad oggetto reati sessuali. 

 

Quindi, se quelle domande sono state poste, significa che il giudice le ha ritenute pertinenti ed utili all’accertamento della verità. 

 

Ogni processo penale chiede alla presunta vittima di rievocare quanto subito. Questa è l’essenza del confronto dibattimentale, che ha come obiettivo l’accertamento dei fatti, con regole e garanzie poste a tutela di ogni cittadino, sia esso vittima o imputato.

 

Insinuare che per alcune tipologie di reati si debba rinunciare, anche solo in parte, a quelle regole, perché così ci si aspetta dopo il “salto collettivo di sensibilità”, significherebbe abdicare al giusto processo, introducendo surrettiziamente l’idea della necessità di una difesa minorata allorché il reato attribuito sia di un tipo anziché di un altro. 

 

La presunzione di innocenza non è negoziabile e non vi si può rinunciare in ragione della gravità o meno del reato contestato.

 

Quando si mettono in dubbio le domande dell’avvocato, sia pure acconsentendo in modo magnanimo che si tratti di attività “legittima”, si sta minando uno dei principi cardine del nostro Ordinamento. Se il processo serve a verificare se un reato sia stato effettivamente commesso, se l’imputato sia colpevole o meno, significa che nel corso dell’istruttoria non si ha un fatto accertato nè tanto meno un condannato.

 

Non si può accettare la deriva alla quale si assiste da tempo, anche grazie all’intervento scriteriato di alcuni media, che tendono a considerare il processo come un inutile strumento per consentire al giudice di ratificare, con funzione quasi notarile, la presunta verità cristallizzata nell’imputazione formulata dalla Pubblica Accusa, basata su atti di indagine raccolti in assenza di contraddittorio, senza che la difesa tecnica possa osare scalfire tale certezza attraverso i legittimi strumenti processuali.

 

Sorprende, peraltro, che siano proprio i giornali a dare risalto all’attività processuale che, nel caso in esame, è stata celebrata a porte chiuse e, dunque, con un profilo di riservatezza che dovrebbe trovare rispetto da parte di tutti.

 

Eppure il racconto di quanto avvenuto in aula pare divenuto strumento di battaglia ulteriore anche da parte di alcuni avvocati, che arrivano a dare in pasto ai giornalisti sviluppi processuali riservati al solo fine di criticare operato e strategie difensive delle controparti, evidentemente ritenendo di poter ottenere in questo modo un qualche risultato.

 

Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra.

 

E il sig. Gramellini, che invoca, con una dubbia sovrapposizione di piani, l’auspicato, anche da parte nostra, salto di sensibilità collettiva nel rispetto delle donne quale presunto parametro da osservare nei processi, dovrebbe essere felice di vivere in uno Stato che garantirà anche al sig. Turetta un avvocato e un processo giusto. 

 

Torino, 16 dicembre 2023

 

Il Consiglio Direttivo 

della Camera Penale “Vittorio Chiusano”